venerdì 31 dicembre 2010

Buon anno e ..."mintiti senzu"

E anche questo San Silvestro sta per spegnersi, il suo tramonto segna l'acquisto di un calendario nuovo e, dopo ampie e conviviali libagioni, lo scambio di auguri tra amici e parenti vicini e lontani per un principio nuovo e speranzoso di fortuna e di serenità.
I ricordi e le promesse si sprecano in queste ore, i ricordi sono tanti e, singolarmente, purgati dalle promesse del medesimo periodo dell'anno precedente. Ognuno, a modo suo, ha mentito. A sé stesso prima che agli altri e poi, cattolicamente, si è perdonato con grande misericordia. Fa parte del nostro bagaglio culturale tener conto del pelo altrui piuttosto che del proprio palo, e possiamo poco o nulla nell'inane battaglia contro il mister Hide che ci alloggia dentro.
Però meglio ritrovarsi a perdonarsi e ripromettersi piuttosto che legger solo bene di ciò che siamo stati. Troppo breve è la vita per sprecarla infliggendosi continui colpi di cilicio.
E allora via con le promesse nuove, anzi esageriamoci, più grandi e colorate di prima, anche più guascone. Che ne so: “l'anno prossimo compro una casa a Monte Carlo o a Saint Lucia, oppure a Roma, vista Colosseo. Il 2011 è l'anno della svolta, in tre giorni ripulisco quel pezzo di giardino dalla immondizia che rischia di tracimare nella casa del vicino. Prometto che aggiusto la pompa sommersa che s'incanta e che, ogni volta che piove, mi fa allagare il garage seminterrato.”
E da buoni italiani già pensiamo a chi attribuire la responsabilità per non aver potuto ottemperare all'impegno nonostante gli sforzi. E, contemporaneamente, ci autocelebriamo per aver dato ragioni non banali alle conversazioni delle prossime vacanze natalizie, quasi piccati perché nessuno ci ringrazia.
Ormai appesantito dagli anni quasi come dai chili, non trovo più interessante farmi delle promesse. Oroscopi ed aruspici, chiromanti ed indovini li trovo molto divertenti nella loro goffa e redditizia aura di severità dalla quale sentenziano sensazionali idiozie. Trovo divertente che la quasi totalità della popolazione sia preda delle affabulazioni di personaggi al limite del guaio che ciarlano di trigoni e quadrati, di sestili e case come vecchi Caldei e novelli veggenti.
Trovo interessante, ad esempio, cercare le ragioni per le quali menti umane di QI di media dimensione siano capaci di appassionarsi anche morbosamente alla tragica fine di una fanciulla di quindici anni e se ne strafottano di un ragazzo di diciotto anni terminato a colpi di lupara semplicemente perché si trovava al momento sbagliato nel posto sbagliato. Eppure i due fatti accadono a meno di mezz'ora di auto uno dall'altro e, temporalmente, a meno di tre mesi di distanza.
Fa paio, quanto sopra, con la convinzione generalizzata che ciascuno sa far tutto e meglio quando l'evidenza di ogni giorno è che ogni cosa viene fatta male o semplicemente rimandata.
Non è tutto sbagliato e tutto da rifare, per carità, l'ottimismo della volontà è il motore della vita ma non possiamo fare un piccolo sforzo collettivo?
Va bene con le promesse, le speranze esagerate e le autoassoluzioni, la sfiga e l'opposizione di Marte, i ciclo dei Maya e le eruzioni vulcaniche impreviste, ma non possiamo, tutti insieme, implorare il motore immobile, pregare il sempiterno qualunque nome possieda, far sacrifici alle forze della natura, scomodare finanche Masau'hu, la trinità Arta Kama e Sashtra, Visnù, Kalì, e le anime dei morti perché il 2011 sia un po' più prodigo di buon senso per tutti?
Il caro, vecchio, mitico buon senso che fa mettere le cose un po' al loro posto, magari senza grandi effetti speciali, senza illusioni ottiche e senza spacconate da venditori di miracoli. Forse un po' noioso nella sua semplicità ma capace di restituire dimensione umana a quello che ci accade intorno.
Il vecchio buon senso che restituisca ai pastori sardi la possibilità di vivere decentemente del loro lavoro e a noi di gustare “su casu” fatto come si deve. Il vecchio buon senso che faccia produrre, olio, pane e vino secondo le norme igieniche stabilite dai cervelloni ma anche secondo le norme determinate da una storia millenaria.
Il buon senso che ci fa diffidare da chi sbraita le sue ottime ragioni spiegando che per secoli abbiamo sbagliato ogni cosa, il caro buon senso che ci fa fare la domanda giusta: se l'umanità avesse davvero sbagliato tutto per millenni come si spiega che è sopravvissuta?
Il buon senso che ci permette di mandare a spasso chi promette di moltiplicare pani e pesci senza avere l'umiltà di essere il più inutile dei servi.
Io questo chiedo al 2011, buon senso per tutti e per me, un desiderio proprio privato: un vino nuovo, salentino naturale e incapace di viaggiare. Inesportabile.
Un rosato secco e appena mosso, che nel colore ha catturato la luce del sole che si tuffa nello Jonio prima di sera in un giorno d'estate, che al naso faccia sentire l'odore di rosa canina e le note di agrumi. Di gusto fresco e sapido come la spuma delle onde dell'Adriatico che sbattono sulle scogliere di Novaglie spinte dalla tramontana.
Un vino brillante capace di accompagnarsi con una forma di primo sale e delle fave fresche.
Me lo immagino, da consumare all'ombra di una pergola, di pomeriggio, al tepore del sole di maggio. Un vino giovane e gaglioffo che impalmi una sposa speciale: la polpa dei ricci di mare consumati in piedi vicino ad una bancarella nel mercato di Gallipoli una mattina d'estate.
Questo io chiedo nel 2011, amici che amate la terra e che operate le vostre arti in cantina.
Il Mini Fut è quello che ci aiuta a passare sopra le quotidiane idiozie, per il 2011 io chiedo un vino che si chiama “Senzu”, serve per ravvivare la speranza nel futuro.
Son certo che qui, in questa terra può nascere il “Senzu”, potete farlo nascere e quando qualcuno ci dirà “Minti senzu” non sarà solo un invito a riflettere, ma anche a condividere un bicchiere.
Buon 2011 a tutti, un anno nuovo nella consapevolezza che i sogni del giorno di festa li dimenticheremo presto, conserviamo però la speranza che loro possano ricordarsi di noi.(di Pino de Luca)


martedì 21 dicembre 2010

Buon Natale


Ai pochissimi,occasionali lettori di questo blog i miei auguri di Buon Natale...


Cliccare sulle note per ascoltare...

domenica 12 dicembre 2010

Curiosità:Rigatoni o zite? Qui la forma è sostanza

Centinaia di formati di pasta, migliaia se scendiamo nelle straordinarie madie di piccoli pastifici locali. Ogni formato con un suo nome e una sua storia. Impossibile stabilire il padre di un formato, figuriamoci il padrino.
Però una classificazione etimologica possiamo approcciarla.
Il termine più antico è lasagna, derivazione diretta di “lagana”, ovvero striscia.
Subito appresso abbiamo i vermicelli, la tryah, così chiamati per la loro forma lunga e, poiché fatti manualmente, anche ritorta.
Simili allo spago, più lunghi e sottili perché derivati dai primi profilati, gli spaghetti.
Gli ziti erano il piatto della “promessa di matrimonio” perché festeggiavano un fidanzamento (per appunto gli ziti) e come augurio di prolificità al matrimonio: gli zitoni
Paccheri e schiaffoni sono onomatopeici, è il rumore di quando cadono nel sugo.
Rigatoni e millerighe, cugini magri dei paccheri per il bordo tanto zigrinato da raccogliere il massimo del condimento.
Poi i nomi da similitudine con oggetti d'uso comune: ruote, anelli, crocette, anellini, fettucce.
Da similitudine con parti del corpo: lingue e linguine, capellini, orecchiette, gomiti, tortellini (ombelico), occhi e ricci.
Da similitudini della natura: lumache, farfalle e farfalline e farfalloni, conchiglie, telline, occhi di lupo, occhi di elefante, semi di mela, semi di melone, acini di pepe, lenti, sedani e sedanini, rosmarino.
Ed eccoci alle similitudini con l'abbigliamento: trenette (piccole trine), bavette, maniche e mezze maniche, creste, stivaletti, fiocchi, pennacchi, guanti e fibbie.
Poi forme geometriche: quadrucci, tubetti e tubettini e tubettoni, cannoli, cannelloni e canneroni.
Eventi storico-geografici: tripolini e assabesi legati al colonialismo italiano in Africa. Mafalde, mafaldine, margherite dai nomi di regine dell'italico regno.
Dalla fede paternostri e avemaria (la cui cottura dura il tempo della preghiera …)
I fedelini invece non c'entrano nulla con la fede, ma poiché assorbono molta acqua il loro nome deriva dall'arabo “fad” che significa crescere.
E poi le forme: fusilli, tortiglioni, eliche; la manifattura con la lama: maltagliati, tagliolini e tagliatelle.
Di penne e pennette lisce o rigate è facile intuire l'origine.
Avanzano gnocchi e bucatini sui quali incidono la forma nel primo caso e la modalità di consumo nel secondo.
Non stiamo qui a spiegare altro che, come è facile intuire dalla varietà dei nomi, la pasta è anche straordinaria creatività.( di Pino de Luca)